lunedì 12 marzo 2012

Marlane, la fabbrica dei veleni: Intervista a Francesco Cirillo.


di Claudio Metallo

Francesco Cirillo è autore del libro Marlane:la fabbrica dei veleni, scritto con Luigi Pacchiano (operaio della Marlane e sindacalista) e Giulia Zanfino (giornalista). La fabbrica fu costruita a Praia a Mare (Cosenza) dal conte Rivetti con i soldi della Cassa per il Mezzogiorno; su 1100 lavoratori che vi hanno lavorato, circa 140 si sono morti per malattie tumorali, sulle quali è in corso un processo alla procura di Paola (CS).
Dalle interviste realizzate per il libro, è stato tratto un servizio giornalistico che è andato in onda durante la trasmissione Crash di Rai Educational. Le testimonianze raccolte dagli autori del libro sono drammatiche: sotto il ricatto del lavoro, gli operai della Marlane si sono esposti per anni ai fumi e vapori industriali generati dalle stoffe prodotte in fabbrica. Si lavorava in un ambiente unico, privo di areatori e senza pareti divisorie, quindi anche chi non era addetto alle lavorazioni più tossiche subiva le esalazioni dei coloranti e delle altre sostanze utilizzate. Persino in un depliant pubblicitario, i lavoratori appaiono al lavoro privi di guanti e mascherine, mostrando senza preoccupazioni queste condizioni di totale insicurezza. L`azienda e i suoi ex dirigenti  imputati smentiscono queste accuse. Resta, però, senza bisogno che lo si stabilisca in un processo, il dramma delle famiglie: figli e mogli lasciati soli, che non hanno fino a oggi trovato il coraggio di chiedere la verità, magari anche per la promessa di un posto di lavoro nella stessa fabbrica che gli aveva portato via un familiare.
La lettura del libro, edito da Coessenza (www.coessenza.org) è dura, a tratti straziante. Ecco l'intervista a Cirillo:

- Come nasce e si sviluppa la vicenda che raccontate nel libro, in sintesi?
Nasce alla fine degli anni '90, quando Luigi Pacchiano e Alberto Cunto operai della Marlane si presentarono ad una riunione ambientalista a Scalea e cominciarono a raccontare l’orrore delle morti di tumore. Per me fu uno shock vero e proprio. Il giorno dopo mi presentai ai cancelli della fabbrica e cominciai a parlare con gli operai cercando storie e verifiche a quanto mi era stato riferito. Nel 2001 pubblicai per la prima volta in un mio libro sui mali della Calabria un intervista a Luigi Pacchiano, che denunciò i fatti che avvenivano nella fabbrica suscitando le ire dei sindacati, dei partiti, della dirigenza e naturalmente del sindaco dell’epoca che era Praticò, il quale ci rifiutò la sala consiliare per presentare il libro. Per protesta lo presentammo nel cimitero con le vedove degli operai, che per la prima volta uscirono allo scoperto. Poi chiamai Alessandro Sortino che lavorava alle Iene e per la prima volta la storia finì su un canale nazionale.

- Ci puoi spiegare brevemente la storia del conte Rivetti e del Cristo di Maratea ?
Nel 1957 il conte Rivetti riesce ad ottenere un finanziamento di ben 6 miliardi di lire e costruisce sia il lanificio a Maratea denominato R1 che quello di Praia a Mare denominato R2. Fare il benefattore con i soldi dello Stato è stato molto semplice. Compra tutto quanto c’è da comprare, fino a determinare l’amministrazione comunale sia di Maratea che di Praia, entrambe democristiane. Poi ha l’idea del Cristo che non è per niente somigliante alle figure iconografiche, ma piuttosto a se stesso con un po’ di barba. Alla sua morte viene seppellito in una grotta basiliana posta sotto i piedi della statua ed inaccessibile ai visitatori.

- Quali sono le testimonianze che più vi hanno colpito e per quale motivo?
Le testimonianze degli ammalati e delle vedove, sono tutte terribili, in quanto parlano di sofferenza, di solitudine delle famiglie, di miseria vera e propria. Le famiglie colpite dal tumore sono state letteralmente abbandonate, spesso minacciate dai dirigenti, isolate dal resto del corpo operaio. La testimonianza di Franco De Palma resta centrale a tutto: in quanto colpito da tumore si autoaccusa di aver partecipato direttamente al seppellimento dei rifiuti tossici per decine e decine di anni. 

- I sindacati e le istituzioni calabresi cosa hanno fatto?
I sindacati e le istituzioni che adesso si sono costituiti parte civile, e parlo della regione, Provincia, Comune, CGIL, non hanno mai fatto nulla, nonostante fossero a conoscenza di quanto avveniva in fabbrica. Anzi hanno fatto di tutto per spingere al silenzio, minacciando con pubblici comunicati anche Pacchiano e Cunto, rappresentanti del sindacato Slai Cobas nella fabbrica.

- A che punto è il processo?
Il processo è al quarto rinvio. La prossima udienza si farà il 30 dicembre e di sicuro verrà rinviato nuovamente. La difesa dei 13 imputati, punta su una cosa sola, il boicottaggio a largo raggio di ogni cosa che possa far partire il processo. Ad ogni udienza escono fuori convocazioni errate, indirizzi errati, nomi errati. Uno stillicidio di errori che il deputato Boccuzzi, sopravvissuto alla strage della Tyssen, ha evidenziato con un interrogazione parlamentare.

- I media main stream hanno dato risalto alla vicenda?
La trasmissione Crash, che va in onda ogni mercoledì su Rai Tre, ha trasmesso per la prima volta un'inchiesta documentario di Giulia Zanfino collegata direttamente alla nostra inchiesta venuta fuori con il libro. Solo il Manifesto e Liberazione si sono occupati della vicenda, per il resto zero assoluto. I quotidiani regionali ad ogni udienza pubblicano i comunicati del sit-in davanti il tribunale di Paola, poi tutto ritorna nel dimenticatoio.


- Ed a Praia che si dice?
A Praia continuano a far finta di niente. La questione Marlane non fa parte del dibattito politico in quanto i due ex sindaci, Praticò e Lomonaco, di destra e di sinistra a seconda delle angolazioni, continuano ad avere peso politico per le prossime amministrative di aprile.

- Una parola per definire questa vicenda, a cosa hai pensato quando hai cominciato a mettere in fila i fatti?
Ho provato molta tristezza per la sfilza di operai morti ed ammalati e per lo loro famiglie, e molta rabbia. In Calabria storie di questo genere ne esistono diverse. Pensiamo a quanto avvenuto con il sotterramento di 35 mila tonnellate di rifiuti tossici nella piana di Sibari ed a come gli autori di questo crimine se la siano cavata con la prescrizione ed archiviazione del processo, iniziato e poi dissolto. Pensiamo alla situazione esistente a Crotone dove con i rifiuti sono state costruite scuole. Pensiamo alle mancate bonifiche nella Valle dell’Olivo, a San Calogero di Vibo, alla stessa Marlane di Praia. Pensiamo al silenzio tombale sulle navi dei veleni ed all’inutile sacrificio del comandante Natale de Grazia. In Calabria esiste un forte legame fra politica, settori della magistratura, ‘ndrangheta e massoneria che rende inutili tutti gli sforzi che cittadini onesti fanno per pulire dal marcio l’intera regione. Qui tutto è tossico.

- Che fine ha fatto la Marlane di Praia? Esiste ancora?
La Marlane è stata chiusa non per improduttività ma semplicemente perché è convenuto a Marzotto a spostarla in paesi dell’est, dove la manodopera costa molto meno e dove ancora sono attivi finanziamenti sia da parte della Comunità Europea che delle stesse nazioni.

La cosa incredibile di tutto il racconto è proprio questa: famiglie distrutte, persone umiliate costrette nel letto di ospedale a firmare il proprio licenziamento con la promessa del posto per un figlio ed alla fine la fabbrica chiude ed il lavoro rimane un miraggio, a differenza dei tumori che sono maledettamente reali.

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