di Claudio Metallo
Su Nicola Cosentino si è scritto e si è detto molto, spesso senza approfondire nel merito la sua posizione, quella della sua famiglia ed il contesto sociale e politico, da cui è partita la carriera che lo ha portato fino al sottosegretariato al ministero dell'Economia.
In questo periodo di larghe intese tra i partiti in sostegno del governo di Mario Monti, il suo nome sembra svanito dalle cronaca dei giornali.
Per conoscere nel dettaglio l'ascesa di Cosentino e delle persone a lui più vicine, un gruppo di coraggiosi giornalisti ha realizzato uno straordinario libro d'inchiesta: Il Casalese-ascesa e tramonto di un leader politico di Terra di Lavoro. Il libro è edito da Edizioni CentoAutori e contiene le inchieste di Massimiliano Amato, Luisa Maradei, Arnaldo Capezzuto, Corrado Castiglione, Peppe Papa, Antonio Di Costanzo, Vincenzo Senatore e Giuseppe Crimaldi, Ciro Pellegrino.
Appena uscito nelle librerie, Il Casalese ha rischiato di essere ritirato dal mercato, perché il fratello di Nicola Cosentino, Giovanni, ha chiesto un maxi risarcimento di un milione e duecentomila euro agli autori e, soprattutto, la distruzione di tutte le copie. Per fortuna, questa folle richiesta è stata rigettata dal Tribunale di Napoli.
Uno degli autori del libro-inchiesta, il giornalista Arnaldo Capezzuto, ce ne racconta la genesi e ci fornisce un quadro puntuale e realistico sulla vicenda politica di Cosentino, ma anche sulle terre in cui è nato l'ex sottosegretario all'Economia del governo Berlusconi. Il suo giudizio è impietoso: Cosentino è il prodotto di un sistema di malapolitica, camorra, imprenditoria corrotta e della connivenza e del silenzio di alcune delle persone che vivono quei territori. E Capezzuto giunge a consigliare alle persone oneste di Terra di lavoro di andarsene, di lasciare quei luoghi che oltre ad un devastante inquinamento ambientale, subiscono anche quello morale.
Domanda: Com'è nata l'idea di questo libro che sembra scaturito da un'esigenza precisa?
Risposta: Sembra assurdo ma il libro Il Casalese sembra davvero essere nato da solo. A Napoli e in generale in Italia è difficile scrivere e narrare
fatti che toccano personaggi di sistema. Non sto parlando di censura oppure di bavagli. Mi spiego meglio.
Di notizie su Nicola Cosentino ne sono uscite a chili. Il punto non è questo. La lacuna è la mancanza di un'opportunità del racconto organico, di mettere insieme i tasselli e svelare la rete dei rapporti, le convergenze, i nodi, gli incastri che strutturano il vero potere. Ecco: questo libro riesce a fare tutto questo. Ricostruisce venti anni di affari al confine con la politica, l'imprenditoria, la camorra. Snoccioliamo oltre mille e seicento nomi di politici, portaborse, camorristi, colletti bianchi, società, aziende. Un blocco di potere che rappresenta il 12% del consenso nazionale del Pdl in Italia. Una volta trovato il filo rosso da seguire è stato quasi naturale assemblare i paragrafi, i capitoli e dare una precisa identità al Casalese. Questo testo fa da apripista ad un nuovo modo di raccontare: credimi è difficile mettere tante persone insieme e farle lavorare sullo stesso progetto. Visti i risultati sembra che ci siamo riusciti.
D: Il capitolo che hai scritto è dedicato alle persone vicine a Cosentino, come mai? E' possibile che per fare politica ci si debba servire di un" reticolo sotterraneo di rapporti", come lo chiami tu?
R: Il punto è questo. Nicola Cosentino senza il “Cosentinismo” restava un
anonimo consigliere comunale di Casal di Principe. Lo straordinario sistema che ha inventato Nick 'o Mericano somiglia, con i dovuti distinguo, a ciò che sul finire degli anni Ottanta ha costruito Giulio Andreotti in Sicilia. Politica, affari e camorre non sono universi disgiunti ma uniti che si auto-alimentano. Questa struttura viene cementificata con la calce delle clientele. Costruire sui territori occasioni senza futuro, scatole vuote, carrozzoni, casotti per “affiliare” disperati (affamati dal meccanismo), dargli una busta paga mensile e regalargli un'illusione di finta “normalità”. Un esempio sono i consorzi dei rifiuti del casertano costruiti solo per motivi clientelari e di gestione del potere. Sorprende non poco che il cardinale di Napoli Crescenzio Sepe che tanto “comizia” contro la camorra non ha esitato a chiedere un aiutino a Cosentino per piazzare due suoi nipoti disoccupati nell'Eco 4 dei fratelli Sergio e Michele Orsi, collegata alla cosca dei Casalesi. Un altro esempio può essere l'insediamento a Casal di Principe di una mega struttura commerciale “Il Principe”, dove i Casalesi attraverso il loro referente politico nazionale Cosentino avevano chiesto un finanziamento-schermo bancario per riciclare soldi e tirare su l'ennesimo scandalo per uso e consumo della cosca e del sistema politico collegato ad esso. Clientele, collocazione di fornitori, riciclaggio e gestione. Fortunatamente la cosa è saltata grazie all'inchiesta “Il Principe e la scheda ballerina”. Per edificare questi sistemi hai bisogno di un “reticolo sotterraneo di rapporti” che predispone le carte, piega le istituzioni ai voleri del boss e non parlo del capo clan ma del politiconzolo di turno e cioè nel caso specifico del disonorevole Nicola Cosentino, l'apicale rappresentante, e dei suoi fedelissimi. Un nome su tutti è Luigi Cesaro. E' presidente della provincia di Napoli e contemporaneamente deputato, è stato eurodeputato, assessore, consigliere. E' anche dirigente prima di Forza Italia e adesso del
Pdl. Un uomo rozzo che non parla l'italiano nonostante abbia conseguito una laurea in giurisprudenza alla Federico II di Napoli.
Sarebbe interessante vedere la documentazione universitaria: chi erano
i suoi professori? Ricostruire il percorso di studi. Cesaro è un analfabeta totale, non sa neppure leggere un gobbo durante un'intervista. E' allucinante! Nel 1985 viene arrestato e condannato a 5 anni di reclusione per aver portato avanti rapporti con la sorella di Raffaele Cutolo, capo della Nco. Poi ottiene una “strana” assoluzione; giudice è Corrado Carnevale, l'ammazzasentenze. Sant'Antimo, paesone dell'hinterland napoletano è la sua roccaforte: la sua famiglia ha svariate attività economiche e finanziarie.
Attività che generosamente vengono pubblicizzate a pagamento dai quotidiani napoletani, tanto da farli zittire di fronte ad uno scandalo umano e politico come è quello di Cesaro. Insomma, siamo di fronte ad un un sistema trasversale perché il “Cosentinismo” per diventare piattaforma e propulsore di affari si è sposato con il “Bassolinismo”.
Non voglio dire che Antonio Bassolino è la stessa cosa di Nicola Cosentino, giammai. Però il “Cosentinismo” in quegli anni ha avuto lo spazio per espandersi. Il centro sinistra non ha fatto nulla per contrastare quel nascente modello di potere cinico, spietato e criminale. Un grave peccato di sistematica e colpevole omissione, che oggettivamente ridimensiona il valore storico dell'esperienza di governo del centro sinistra a Napoli, in Campania, in Italia. Un fallimento.
D: Tu pensi che Cosentino sia parte di un ingranaggio più grande?
Penso al fatto che addirittura i matrimoni nella sua famiglia sembrano far parte di una strategia per stringere accordi e ramificare le proprie conoscenza.
R: Nicola Cosentino ha strutturato attorno a sé una giocosa macchina da
guerra. Se segui la sua biografia personale e familiare ti accorgi che tutto si tiene. Alla fine il “Cosentinismo” è una costola del “Berlusconismo”. I due sistemi si somigliano e s'integrano. Potere, aziende di famiglia, affari, intrallazzi, accordi di desistenza, interessi privati, corte dei miracoli, conflitti d'interesse, sistematico aggiramento delle regole, uso disinvolto delle istituzioni. E' la degenerazione di quel potere che ha degli effetti devastanti sui territori. Casal di Principe, San Cipriano d'Aversa, Casapesenna, Villa Literno, Castel Volturno, Mondragone sono territori devastati dove la speranza non esiste più, anzi bisogna finire di illudere chi ci abita. Li non potrà mai cambiare niente. Chi è onesto deve andare via da quei luoghi. La camorra, un po' come è per Napoli, è nelle viscere, nell'aria, nel Dna. Chi dice il contrario è ingenuo oppure mente spudoratamente.
D: Dopo l'uscita del libro cos'è successo? Si sono fatti sentire gli avvocati della famiglia Cosentino. Ci puoi spiegare la situazione?
R: Il libro è uscito a fine novembre mentre a inizio dicembre è scattato il blitz che ha portato in cella una cinquantina di persone. In carcere doveva finire anche Cosentino ma Silvio Berlusconi si è prodigato per rovesciare alla Camera il voto favorevole all'arresto della Giunta per le autorizzazioni a procedere. Se Cosentino fosse stato arrestato saltava addirittura il governo tecnico di Mario Monti. Per la seconda volta è stato graziato. Particolari che mostrano come è importante il “Cosentinismo” per il “Berlusconismo”. E' nato un corto circuito. Cosentino è convinto che dietro “Il Casalese” ci siano dei magistrati che hanno ispirato il libro. Da questo assunto è partita la guerra contro il testo. A condurla, Giovanni Cosentino, titolare delle aziende di famiglia, la cassaforte del sistema, che ha richiesto un milione e duecentomila euro di risarcimento danni, il sequestro e la distruzione del libro e provvedimenti cautelari per alcuni autori. Il giudice ha respinto il procedimento nel giudizio immediato, adesso abbiamo cause con rito ordinario. Nell'occhio del ciclone, oltre alla casa editrice “Cento Autori” e lo stampatore, siamo finiti in tre: il sottoscritto, Massimiliano Amato e Peppe Papa. A questi procedimenti se ne sono aggiunti altri penali e civili. Certo, ritrovarsi il pool di avvocati della famiglia Cosentino alle calcagna ad ogni presentazione e conferenza stampa è stata un'esperienza interessante. Personalmente, mi ero anche affezionato!
D: Una delle cose che mi ha fatto più rabbia, leggendo il vostro libro
ed al di là della collusione di Cosentino con i Casalesi, è che le
terre da cui viene l'ex sottosegretario sono terre stupende, ricche e
che avrebbero potuto avere tutt'altro sviluppo se amministrate meglio.
Nel senso che oltre ad un problema etico, c'è anche un problema di
capacità di amministrazione della cosa pubblica. Vista la tua
esperienza, puoi darci una tua opinione su questa questione?
R: Sono d'accordo. La Campania Felix era il vanto dell'Impero Romano.
C'era un motivo se gli imperatori ritenevano la campagna casertana la migliore. Tutto distrutto, ammorbato con lo scarico illegale dei rifiuti, devastato dall'abusivismo edilizio, dai traffici.
Monta una rabbia esagerata.
Si è distrutta un'economia nell'indifferenza generale. Prima ho detto non ci sono più speranze perché è così. In quei luoghi ci siamo stati a presentare il libro e la gente ti guarda sotto'occhio. Ti percepisce come un nemico. Dove sono le persone oneste? Dove sono i giovani che desiderano spezzare i lacci e lacciuoli della mala politica e della camorra? Tutto tace. C'è una rassegnazione assurda. Non so come si potrebbe risalire la china.
Sicuramente mi sembra ipocrita andare lì, fare una bella manifestazione, fare un bel comizio, dire quattro stronzate e poi tornarsene da dove veniamo a fare le cose nostre. Ecco, la mia coscienza è inquieta. Dico che non ci sono le condizioni per far nulla di serio, le persone perbene devo lasciare quei territori.
D: L'altro aspetto inquietante del libro, è che dal vostro racconto
sembra che la storia d'Italia degli ultimi vent'anni sia passata
dalla Campania. Che opinione ti sei fatto su questo argomento?
R: Ne sono convinto. La Campania nel bene come nel male è stata sempre un laboratorio. Noi siamo la regione che ha prodotto Antonio Gava, Ciriaco De Mita, Francesco de Lorenzo, Giulio di Donato, Nicola Mancino...La storia proprio non insegna nulla. Ci sono tanti eroismi, tante persone straordinarie che hanno sacrificato la propria vita per aver detto un “no”.
Non capisco perché da queste terre emerga sempre e solo la mediocrità e il peggio del peggio. Non meritiamo questo.
Questo libro è una testimonianza chiara e netta che un certo tipo di potere può essere scardinato. Il ruolo dei giornalisti è solo quello di raccontare, narrare, spiegare. Però qualcosa ognuno di noi nel nostro piccolo lo può fare. Non dico cambiamo le cose ma almeno proviamoci ad essere attraversati da un sussulto di coscienza. Non è più tempo di guardare fuori, occorre essere di parte e di stare da una parte precisa. Lo dico da cronista. Nella nostra stessa categoria c'è una ipocrisia, una cultura del padrone, un servilismo, un mendicare che offende la memoria di giornalisti-giornalisti come Giancarlo Siani che ha sacrificato la propria vita per il dovere della verità.
D: Tu sei un giornalista sempre dietro la notizia, sempre sul pezzo.
Ami questa professione. Pensando al fatto che qualcuno vuol fare
distruggere il vostro libro o al fatto che molti tuoi colleghi vengono
pagati quattro centesimi a riga, non pensi che il giornalismo stia
ridiventando una professione da ricchi e si rischia un'involuzione sia
in termini di qualità che di indipendenza?
R: E' un punto delicato. La libertà ha un prezzo. Attualmente nel mondo dell'informazione le professionalità, la foga, la passione viene annullata dalla cultura del ricatto, dalla pratica dello scendiletto. Occorre ribellarsi. Ci sono le nuove tecnologie.
Bisogna diventare indipendenti. Oltre a sollecitare il giusto compenso per il nostro lavoro e quindi costruire un possibile percorso legislativo che dia strumenti concreti a chi li scrive i giornali, rovesciamolo il tavolo.
Rifiutiamo i tre euro a pezzo. Con grandi sacrifici e amore per il mestieraccio facciamo altro per vivere e contemporaneamente rendiamoci giornalisticamente autonomi. Proprio questo sto facendo attualmente con www.ladomenicasettimanale.it e gli amici di “Fare Rete” che vedono la testata de “I Siciliani giovani” di Pippo Fava capofila di questo progetto. In questo spirito di autonomia e per rafforzare la denuncia del libro “Il Casalese”, la casa editrice Cento Autori ha prodotto un documentario che uscirà a fine settembre e sarà venduto in accoppiata al libro dove illustriamo con un racconto incalzante gli anni del potere “Cosentiniano”. Immagini eloquenti che è giusto conoscere dato che tra qualche mese andremo a votare e con ogni probabilità questi volti di deputati e senatori rinviati a giudizio e sotto processo per reati gravissimi, ce li ritroveremo nuovamente candidati. Inacettabile.
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