Dieci anni fa, prima dell’attuale
esplosione delle web-series, dei
giovani, rampanti e sconvolti
videomaker/informatici/registi/sceneggiatori/attori diedero vita ad uno dei
primi esperimenti di fiction autoprodotta del nuovo millennio: correva l’anno
2003. Eravamo in tre: Carlo Reposo, Lorenzo Cassulo ed io (Claudio Metallo).
La nostra serie (42 puntate che
variavano dai 5 agli 8 minuti di durata) s’intitolava: Brutti, sporchi e cattivi - storie
di poco conto. Il titolo denotava la nostra voglia di non prenderci troppo sul serio: a qualsiasi
critica avremmo risposto con “Ma che ti frega: sono storie di poco conto”.
La storia, in brevissimo, era
questa: Un gruppo variegato di persone occupa uno stabile disabitato, che il
proprietario ha promesso di vendere ad una multinazionale agroalimentare. Tra
gli occupanti ci sono un gruppo di comunisti dediti al karate, degli anarchici,
due studenti del DAMS ed altri cani sciolti, ma i veri protagonisti della serie
sono Adamo e la sua famiglia. I suoi due figli, avuti da una precedente
relazione con la leader del partito conservatore Oltranza Cristiana, sono una giovane frikkettona fidanzata con un ambientalista un po’ confuso, e il
figlio Frank (come l’immortale Zappa), la pecora nera della famiglia che
vorrebbe entrare in polizia; la sua compagna è una corista reggae siciliana, il
cui padre mafioso cerca di riportarla sulla retta via. In mezzo a questi
personaggi principali si muovono vari altri figuri.
La trama era abbastanza semplice
e parlava di noi e della nostra vita a Bologna. Già, Bologna…
Quando abbiamo iniziato a
realizzare BSC, Bologna era ancora
amministrata da Guazzaloca, il sindaco macellaio di centrodestra. Macellaio nel
senso che era proprio uno che vendeva carne. Nel giro di poco tempo la città
avrebbe subito la metamorfosi, autoritaria e modaiola assieme, del periodo di
Cofferati. Un momento storico in cui tutto mutò radicalmente ed anche il tempo
libero cominciò ad essere regolamentato rigidamente dalle famose delibere
antidegrado. Un modello destinato a spargersi a macchia d’olio in quasi tutta
Italia.
Ognuno di noi militava a modo suo
contro quella mentalità chiusa insita in quella giunta comunale, che ha spesso
assecondato gli istinti più bassi della gente come una qualsiasi giunta
leghista da strapazzo. Noi eravamo
ancora all’università, studiavamo al DAMS (Carlo ed io) e a Scienze della
comunicazione (Lorenzo). Avevamo incrociato nei libri che leggevamo per gli
esami, ma anche in quelli che divoravamo per capire noi ed il mondo, Gilles
Deleuze. Forse all’epoca lo reputavamo uno spocchioso francese che usava
termini che non conoscevamo, ma se avessimo saputo allora la sua definizione di
sinistra l’avremmo subito fatta nostra:
una persona di sinistra parte dall’orizzonte per osservare il mondo, man
mano che arriva a posare lo sguardo su se stesso si accorge che è un mondo
pieno di ingiustizie e si domanda: cosa posso fare? Una persona di destra parte
da se stesso per guardare il mondo. Anche lui vede che ci sono persone che
subiscono ingiustizie, ma teme che potrebbero portargli via quei privilegi (a
volte immaginari) che egli possiede. L’uomo di destra tende a chiudersi ad
avere paura di chi arriva al limite del confine che lui stesso ha creato. Si
chiude e, magari s’inventa ordinanze
antidegrado.
Brutti, sporchi e cattivi - storie di poco conto, era uno dei tanti
modi per rispondere a questa chiusura.
Era una risposta, forse anche inconsapevole, all’omologazione che ci
veniva richiesta ed imposta.
Non avevamo un copione scritto, bensì
un semplice canovaccio fatto di una serie di scene da girare, che poi suddividevamo nelle puntate.
Una delle frasi che diventò uno
degli slogan cult (almeno per noi) della
serie era: “La casa è un dovere averla”. Fu pronunciata da Adam, il nostro
grande primo attore che interpretava Adamo, in una delle sue straripanti
improvvisazioni. Quando la sentimmo ci sganasciammo dalle risate, perché la
casa è un diritto, mica un dovere. Poi l’abbiamo fatta nostra perché in fin dei
conti poteva significare che era un dovere lottare contro quel sentimento di paura, accompagnata a repressione, che montava
a Bologna ed in Italia. Quella stessa paura che avrebbe alimentato i successi
elettorali della destra fascista, xenofoba e razzista incarnata dai Berluscones
ed i leghisti, che avrebbe portato a leggi vergognose come la Bossi-Fini contro
i migranti e la Fini-Giovarnardi sulle droghe, una legge che ha riempito le
carceri e fatto alzare alle stelle i profitti dei narcotrafficanti delle
organizzazione criminali italiane.
Il 90% delle battute (ed anche delle riprese)
era totalmente improvvisato e quasi tutto: “buona la prima”. Questo modo di
girare era dettato da tanti fattori, sicuramente dalla nostra voglia di
divertirci e di trattare questioni importanti che affrontavamo ogni giorno con
ironia, prendendoci in giro, facendo un po’ la parodia di noi stessi e di
quello che facevamo. Non perché non ci credessimo, ma era una maniera per farci
guardare meglio la nostra realtà. Un’altra delle ragioni era che bisognava fare
in fretta. Tutti i partecipanti a BSC
erano nostri amici o conoscenti che si prestavano al nostro obiettivo. C’era
chi lavorava, chi studiava e chi aveva sicuramente di meglio da fare e quindi
dovevano girare più velocemente che potevamo. Solitamente, facevamo tutto nei
fine settimana, dalla mattina a sera e certe volte pure di notte. Carlo, Lorenzo ed io c’eravamo dati dei ruoli
che richiedevano una certa presenza su quello che molto, molto, molto
forzatamente possiamo chiamare ‘set’. Riuscimmo a coinvolgere anche i centri
sociali ed alcuni locali della città. C’era l’Ex Mercato 24, in cui si erano
svolte le prime chiacchierate intorno alla
fiction e che è il luogo in cui abbiamo girato il maggior numero di
scene, dopo il laboratorio-casa di Carlo
in via Timavo. C’erano il Link di via Fioravanti, il TPO di viale Lenin e la
storica sede del Livello 57. Tutti e tre questi spazi sono passati a miglior
vita, almeno come luoghi fisici. In particolare il Livello è stato sgomberato
con una scusa fornita proprio dalla Fini-Giovanardi, cui accennavo prima.
Carlo si era prefissato di finire
tutto entro un anno esatto dall’inizio delle riprese, io non ero molto convinto,
ma alla fine la spuntò lui. E per fortuna, se no chissà quando avremmo finito
di girare e con la mole di materiale che ci ritrovavamo chissà quando avremmo
finito di montare! Per l’epoca non avevamo delle cattive macchine su cui
montare, ma avevamo delle pessime telecamere ed i risultati si vedono
chiaramente. Anche l’audio spesso lascia a desiderare, per essere buoni.
Proprio l’audio è il primo errore che si fa quando si ha buona volontà, ma poca
esperienza.
BSC è stata trasmessa da molte telestreet, tra cui Teleimmagini (la
telestreet che diramava i suoi contenuti nell’etere dalla sede dell’Ex-Mercato
24), ed ha avuto una sua gratificazione istituzionale tramite la partecipazione al Torino Film Festival, in
uno spazio dedicato agli autori piemontesi: visto che Carlo era proprio di
Torino ne abbiamo biecamente approfittato. Abbiamo anche cercato di trovare una
qualche produzione disposta a finanziare un episodio pilota da proporre alle tv
main stream, ma non siamo riusciti a farci ascoltare da nessuno. Con il senno
del poi (che è la scienza esatta) possiamo dire che è stato meglio così: la
nostra fiction è rimasta un prodotto underground, uscita in qualche centinaia
di dvd autoprodotti.
Quasi mi dimenticavo…sul sito www.robavideo.net potete trovare tutte le puntate di Brutti, sporchi e cattivi-storie di poco
conto.